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Parte 1
Aprii lentamente gli occhi, tutto era ancora confuso ed offuscato nella mia mente, non ero sicura di ricordare bene dove mi trovassi…
“003… 003… come ti senti mia cara?” la voce paterna del Dottor Gilmoure mi riportò alla realtà.
Mi guardai intorno… il laboratorio… ero sdraiata sul lettino... tentai di alzarmi, ma il mondo cominciò a ruotare velocemente e, non volendo, mi lasciai sfuggire un gemito di dolore.
“Non devi dare sforzi, l’intervento è stato lungo e difficile… devi riposare…” Chissà per quale motivo il Dottor Gilmoure riusciva sempre a calmarmi… obbedii… in lui rivedevo mio padre… papà… mamma… Jean, fratello mio…
Improvvisamente, ricordai tutto: ero lì perché avevo deciso di sottopormi ad un’operazione che avrebbe migliorato le mie capacità combattive.
Durante le nostre missioni sono sempre stata ai margini della squadra, mai completamente operativa come Joe… Joe… un altro problema da affrontare; mio marito non aveva accettato di buon grado la mia volontà. “Proprio non ti capisco… hai sempre sofferto la tua condizione di cyborg, più di tutti noi altri, e adesso vuoi diventare addirittura come Ivan! Sei solo una gran testarda!”
Ma poi senti da che pulpito viene la predica… perché non capisce che l’ho fatto anche per lui, per poterlo aiutare di più…
“L’intervento è riuscito perfettamente 003” le parole del Professore interruppero il fiume dei miei pensieri “ho installato nel tuo cervello un microchip che agisce sui tuoi centri nervosi. D’ora in poi sarai in grado di comunicare in modo telepatico e spostare gli oggetti a tuo piacimento, soltanto con la forza della mente”.
Mi sorpresi nel rispondere: “Grazie, dottore.” Grazie? Grazie di cosa? Invece di tornare indietro, avevo confermato la mia condizione di cyborg.
“Non credo che tu debba ringraziarmi” aveva ragione “so benissimo perché hai voluto farlo, ma questo non mi fa sentire meglio”.
“E’ stata una mia scelta”.
Il Dottor Gilmoure sospirò profondamente e tacque per un lungo momento. Nei suoi occhi potevo leggere una grande sofferenza; poi… qualcos’altro giunse a me… i pensieri di un uomo pieno di rimorsi.
“Mi dispiace… mi dispiace veramente… tu sei come una figlia per me, la figlia che non ho mai avuto… non dovevo farti diventare un cyborg tanti anni fa… perdonami bambina mia, perdonami…”
“Non aveva altra possibilità, i Fantasmi Neri l’avrebbero uccisa” sentivo la mia voce uscire dalla bocca come un’eco lontano…
Il Dottor Gilmoure volse il suo sguardo su di me… aveva gli occhi rossi di chi sta per piangere, ma riuscì a dominarsi “Mi hai letto nel pensiero, questo significa che l’impianto funziona” lo disse con malcelata noncuranza, come un bambino che aveva svolto bene un compito, ma io capivo che stava soffrendo.
Tesi la mia mano verso di lui… si avvicinò… la prese tra le sue e la strinse.
“Dottore… io sono felice adesso… qui, con tutti voi… siete la mia famiglia…”
Le lacrime soffocate fino a quel momento uscirono dagli occhi del Professor Gilmoure… non avrei mai voluto dargli tanto dolore.
“Non ha nessuna colpa da farsi perdonare” dissi.
L’anziano dottore sollevò il capo e mi guardò riconoscente…
“Grazie, figliola…”
Restammo così per un po’… in silenzio… con la mia mano tra le sue… avevo quasi dimenticato che cosa si provava ad essere amata come una figlia…
“Beh… vado a chiamare tuo marito adesso. Così smetterà di consumare il pavimento di casa a forza di camminare avanti e indietro”.
Sorrisi al pensiero e anuii… ora veniva il momento più difficile…
Parte 2
“Vuoi darti una calmata 009? Tra non molto ti ritroverai a camminare sottoterra!”
Joe si fermò al suono della voce di Albert, guardò per un momento l’amico senza dire una parola, poi riprese il suo angosciante avanti e indietro per la sala, aspettando… ancora… e ancora…
“Dannazione!” alla fine esplose “Basta! Quest’attesa è insopportabile! Vado al laboratorio.”
“Non fare stupidaggini come al solito! Andrà tutto bene vedrai. Cerca di stare buono e tranquillo” disse Jet.
“Parli bene tu! Ma c’è mia moglie sotto i ferri!”… si accorse immediatamente di aver sbagliato ad usare quel tono… in fondo stavano solo tentando di rincuorarlo… non avrebbe dovuto aggredirli così.
“Scusami Jet… scusatemi tutti… non sono in me in questo momento”
005 rispose “Non preoccuparti 009, comprendiamo perfettamente la situazione… ma Françoise è una donna molto forte… andrà bene”.
Joe gli sorrise con non molta convinzione.
In quello stesso istante la porta della grande sala si aprì e sulla soglia comparve il Dottor Gilmoure, le braccia incrociate dietro la schiena, lo sguardo perso nel vuoto… sembrava molto più anziano degli anni che aveva in realtà.
“Allora, professore? Com’è andata?” chiese Bretagna.
“Sì, ci dica tutto dottore, come sta?” intervenne Chang.
“Si è svolto tutto correttamente” rispose il Dottor Gilmoure “Non poteva andare meglio”, poi si rivolse a Joe: “009…”
“Sì Professore”
“Adesso puoi vederla, è sveglia e sta bene… ti accompagno da lei” nel dire queste parole, tornò sui suoi passi e Joe lo seguì immediatamente.
Gli altri rimasero in silenzio, un silenzio interminabile…
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Percorrevano il lungo corridoio che portava al laboratorio senza dire una parola, fianco a fianco, poi… finalmente… arrivarono.
Il Dottor Gilmoure si fermò, appoggiò la sua mano sul braccio di Joe e disse: “Ascolta, ragazzo…003 ha subito dei grandi cambiamenti con questa operazione, te ne rendi conto vero?”
“Sì” rispose con un filo di voce.
“Vedi… ora è un cyborg molto più potente, se riuscirà con il tempo ad imparare ad usare bene i suoi nuovi poteri, potrebbe diventare molto più forte di 001”.
“Capisco” non sapeva se esserne felice o meno.
“Devi stare molto vicino a Françoise… in questo momento ha bisogno di te più di qualsiasi altra persona… potrebbe attraversare un periodo difficile a causa delle sue nuove capacità…”
“Cosa intende dire dottore?”
“003 non è abituata ad avere poteri… per così dire… attivi, come i tuoi. Da adesso in poi li avrà invece e dovrà imparare a gestirli… per lei è come nascere cyborg una seconda volta”.
Joe distolse lo sguardo dal volto del Professore… “Perché?… ancora non riesco a spiegarmi il motivo… non doveva… non era necessario… non…” i suoi occhi erano colmi di tristezza “… ma in fondo la colpa è anche mia… non avrei dovuto permetterle di farlo”.
“Sei così sicuro che ti avrebbe dato ascolto?” aggiunse il Dottor Gilmoure.
Joe sorrise involontariamente “No… e, a quanto pare, ne ho avuto la dimostrazione”.
“Figliolo… capisco quello che provi, ma non far pesare a Françoise la sua decisione” Joe stava per rispondere ma il Professore gli fece cenno di tacere “No… ascoltami… l’intervento a cui si è sottoposta quella ragazza è stato molto pesante, non materialmente, bensì psicologicamente. La sua vita cambierà d’ora in poi; i suoi nuovi poteri sono per lei un traguardo ora, ma in futuro potrebbero anche trasformarsi nella sua maledizione se non imparerà ad usarli o se voi tutti, e tu in particolare, la farete sentire in colpa”.
Joe ascoltava il saggio scienziato senza dire una parola.
“Adesso lei ha acquisito una grande forza psichica, può arrivare ai tuoi pensieri prima ancora che tu sia in grado di esprimerli a parole, è in grado di spostare gli oggetti, anche quelli più improbabili da muovere. Devi aiutarla ad essere orgogliosa di questo e mai pentita. Mi capisci 009?”
Joe ascoltava esterrefatto; sì, capiva perfettamente le parole del Dottor Gilmoure, ma la sua mente si rifiutava di accettarle.
“Non so se ci riuscirò…”
“Invece dovrai esserne capace! Lei è tua moglie, ti ama e si fida totalmente soltanto di te. Dovrai farlo Joe o giuro su tutto ciò che ho di più caro che se la farai soffrire ti smonterò pezzo per pezzo, così come ti ho costruito, sono stato chiaro?”
009 non sapeva bene se ridere o prendere seriamente quella che sembrava una vera e propria minaccia…
“Guarda che non sto scherzando affatto!” ma al buon dottore sfuggì una smorfia ironica che smorzò un poco la tensione “ti smonterò e con i tuoi pezzi mi costruirò un bel frullatore!”
Joe, allora, sorrise di rimando e disse: “Non c’è bisogno di avvertimenti minatori dottore. Darei anche la mia vita per lei”.
Il Professor Gilmoure tornò di nuovo serio “Lo so ragazzo…” e pensò “Chissà, forse un giorno potrebbe essere necessario…”
Parte 3
Non avevo più la cognizione del tempo, mi sembrava che fosse trascorsa un’eternità da quando il Dottor Gilmoure era andato a cercare Joe, invece mi resi conto dalle lancette dell’orologio a parete del laboratorio che era passata solo un’ora.
Ero immersa nel silenzio quando sulla porta della stanza comparve mio marito, accompagnato dal Professore.
Prima dell’operazione era molto arrabbiato con me, ma ora che lo guardavo negli occhi, mi pareva che fosse svanito tutto. Sospirai di sollievo… non volevo creare ulteriori tensioni tra di noi… non avrei potuto sopportarlo…
“Joe…” sollevai la mano destra verso di lui, desideravo tanto che venisse da me…
“Vi lascio ora, ma non farla stancare d’accordo?” disse il Dottor Gilmoure.
“Va bene… grazie, dottore” rispose Joe.
La porta si richiuse, lasciandoci soli; mio marito prese la mano che gli avevo offerto e pose l’altra sulla mia fronte.
“Come ti senti?”
“Meglio… ora che sei qui con me…”
Cadde un silenzio terrificante tra di noi… Joe non parlava, si limitava a stringere la mia mano… ed io non sapevo bene cosa pensare… cosa poter dire per rompere quell’atmosfera gelida che si era creata.
Alla fine, parlai… lui aveva bisogno di una spiegazione ed io non volevo perderlo per nessun motivo al mondo.
“Sei ancora arrabbiato?”
Joe prese tempo, ponderando la risposta “Sinceramente… non lo so. Da una parte lo sono perché non riesco proprio ad accettare la tua decisione, ma… dall’altra, vederti così mi fa star male più di quanto immagini…”
“Mi dispiace… ma non devi più preoccuparti adesso. Sto bene e mi riprenderò presto vedrai.”
Lui lasciò la mia mano, si alzò e si diresse verso la finestra, voltandomi le spalle…
“Perché Françoise? Spiegami il motivo, il perché di tutto questo…”
“Joe… tesoro, guardami…” si voltò verso di me “ti ricordi che cosa mi hai promesso quando ci siamo sposati?”
“Come posso averlo dimenticato? Mi credi così superficiale?”
Non capiva dove volevo arrivare… “Che cosa mi hai promesso, Joe?”
“Ho giurato di amarti, proteggerti e aver cura di te, nella buona e nella cattiva sorte, finché morte non ci separi”.
La sua voce tremava… stava soffrendo… ed ero stata proprio io a dargli questo dolore… io, che avrei preferito morire pur di non vederlo così…
“Joe… io ho fatto la stessa promessa a te…”
“Non è una giustificazione per…” aprì le braccia “…questo”.
“Tesoro… ascoltami. E’ stata una decisione molto dura per me, ma era la più giusta che potessi mai prendere…”
“Continuo a non capirti…” si avvicinò di nuovo al mio letto e si sedette.
“Vedi, quello che ho fatto, è vero, l’ho fatto per noi, per tutti i nostri amici, ma… soprattutto, per me… Fino ad ora non ho mai completamente imparato a camminare con le mie gambe. Non sto parlando solo degli ultimi anni; fin da bambina, sono sempre stata la piccola di casa… i miei genitori, mio fratello, mi tenevano lontano dalle difficoltà e dai dispiaceri della vita. Non ho mai conosciuto il vero dolore finché non sono stata rapita dai Fantasmi Neri e trasformata in una macchina…”
“Françoise…” stava per replicare, ma io posi due dita sulle sue labbra per impedirgli di parlare.
“No… ti prego… lasciami finire” e continuai “Anche dopo, quando ormai ero un cyborg, tutti voi mi avete sempre protetta, spesso rischiando di morire per me… ed io non voglio che accada questo… mi capisci Joe?”
“Credo di sì…”
“Ora che so di poter essere indipendente in battaglia, di potervi aiutare… sono finalmente soddisfatta”.
Lui non disse nulla, prese di nuovo la mia mano e la baciò; le mie parole dovevano averlo sconvolto, perché quando alzò lo sguardo su di me, aveva gli occhi pieni di lacrime.
Niente mi aveva preparato a quello che disse dopo “Amore mio… perdonami…”
“Perdonarti? Per quale motivo?” Non capivo dove voleva arrivare.
“Perché in tutti questi anni ho commesso molti sbagli con te, primo tra tutti quello di farti soffrire. Tu eri sempre presente quando avevo bisogno, sei rimasta accanto a me, anche quando ti rifiutavo, ed io? Sono stato un grande egoista, Françoise, ma saprò rimediare ai miei errori, te lo prometto tesoro…”
Non riuscivo a rispondere… era la prima volta che mi parlava in questo modo, a cuore aperto; mi sentii di nuovo viva, amata come avevo sempre desiderato da lui. Avrei voluto dire qualcosa, ma una voce alle mie spalle me lo impedì.
“Già… e sarà meglio per te mantenere la promessa bello!”
Alzai gli occhi “Jet!”
“Anche se campassi cent’anni, non troveresti mai un’altra come la nostra ballerina, vero 007?”
“Albert, ci sei anche tu!”
“Sicuro” aggiunse Bretagna “oh… e sia chiaro piccolina… se un giorno dovessi stancarti del qui presente Mister Bellimbusto… io sono sempre disponibile!”
Joe bofonchiò offeso ed io scoppiai a ridere “Non contarci troppo però…”
Di lì a poco arrivarono tutti gli altri… Geronimo, Chang, Punma… il mio piccolo Ivan… sì, le cose sarebbero cambiate da adesso in poi… la mia vita stava finalmente percorrendo il binario giusto… ero viva, circondata dall’affetto delle persone che più amavo… avrei voluto che quel momento durasse per sempre…
Parte 4
“Allora, 003… fa attenzione! Noi siamo i nemici e tu devi cercare di evitare i nostri attacchi, capito?”
“Va bene Jet, tutto chiaro!”
Eravamo fuori dalla nostra base, sul grande spazio vuoto che fronteggiava la casa; i miei amici erano disposti in cerchio intorno a me, tutti tranne Joe, che stava in disparte, con Ivan in braccio e il Dottor Gilmoure al suo fianco.
Raccolsi tutta la mia concentrazione. Erano passati circa sei mesi dal mio intervento e dalla successiva acquisizione dei miei nuovi poteri; durante il tempo trascorso avevo imparato abbastanza bene a controllare le mie capacità, anche se non avevo avuto ancora modo di metterle alla prova, poiché non c’era stata alcuna missione da sostenere. Così, continuavo ad allenarmi per cercare di sfruttare le mie nuove abilità, in attesa del momento in cui avrei potuto dimostrarle pienamente.
“Via!” 002 spiccò il volo, mentre tutti gli altri cominciarono a muoversi intorno a me.
Chiusi gli occhi… il primo ad attaccare fu 005, che mi lanciò contro un masso, avvolto in una sfera di fuoco creata appositamente da 006. Ordinai mentalmente alle fiamme di spegnersi ed esse mi obbedirono, quindi scagliai l’enorme sasso contro 004 che stava per colpire; ovviamente lo fermai prima che potesse fare del male ad Albert, ma questo bastò a farlo desistere dai suoi propositi belligeranti…
Fu la volta di 008; estrasse la sua pistola, ma rimase immobile, poiché Ivan chiamò a raccolta le acque del mare che circondava la base, creando un’onda gigantesca… nel momento in cui quella massa informe stava arrivando contro di me, alzai la mano destra e riuscii a bloccarla a mezz’aria. Le onde continuarono a vorticare per un istante, poi abbassai la mano ed esse si infransero di nuovo sulla spiaggia.
Mi voltai verso 007… “Ehm… passo!” detto questo, si trasformò in un coloratissimo uccellino e volò via.
“Ma tu guarda con chi devo lavorare!” esclamò 002, portandosi una mano alla fronte “Ok piccola, vediamo se riesci a fermare anche me!”
Si mosse velocemente verso di me, ma io avevo previsto tutto “Non lo farei se fossi in te Jet!”
“Paura?”
“Come non detto…” scrollai le spalle, alzai di nuovo la mano e fermai 002, tenendolo sospeso per un momento nel cielo.
“Ehi fammi scendere!... Non vale, questo viola le regole!”
“Quali regole, Jet? Non mi sembra di averti mai sentito parlare di regole…”
“E su… sii buona, mettimi giù…”
“D’accordo, come preferisci…” lo scaraventai letteralmente al suolo, per poi fermarlo un secondo prima che toccasse terra.
002 emise una specie di grugnito offeso “Grazie tante… Ehi Joe, tua moglie sta diventando sempre più cattiva con me”.
“Non sarai tu invece che ti stai rammollendo?” rispose lui.
“Accidenti… siete proprio due arpie…”
Tutti scoppiarono a ridere, finché Joe non riprese la parola “E va bene tesoro… adesso vediamo come te la cavi contro di me…”
Non aspettavo altro, finalmente potevo dimostrare a mio marito che cosa ero capace di fare. Joe porse Ivan al Dottor Gilmoure e si avvicinò dicendo: “Mi sposterò alla velocità del mio acceleratore; tu devi cercare di fermarmi, sei pronta?”
Annuii.
“Accelerazione!”
Scomparve dalla mia vista… cercai di concentrarmi ancora di più… si muoveva davvero in fretta… ecco… un lampo…
“Ti vedo!” gridai… aprii entrambe le mani… si bloccò davanti a me… Sorrideva: “Sei stata bravissima”
L’allenamento era terminato, ero stanca ma felice di quello che finalmente sapevo fare; gettai le braccia attorno al collo di Joe e lo baciai. Lui ricambiò il mio bacio tenendomi stretta a sé… ormai non provavamo più timore nel mostrare i nostri sentimenti agli altri.
“Sempre a lui tutte le fortune… e mica è giusto pero!”
Mi staccai un momento da mio marito e guardai oltre…
“007… non essere geloso, lo sai che tu sei il mio attore preferito!”
“Ehi… smettila di leggermi nel pensiero!...no dico, non esiste più la privacy?... devo ricordarmi di starti più lontano…” disse Bretagna arrossendo… Gli altri risero…
Il Dottor Gilmoure interruppe la scenetta familiare: “Bene, ragazzi, siete stati davvero molto bravi, soprattutto tu 003, complimenti davvero… ma adesso torniamo alla realtà… devo illustrarvi una nuova missione… seguitemi”.
Ci avviammo velocemente per tornare alla base; durante il breve percorso, la mia mente vorticava di mille pensieri: finalmente la mia prima vera missione!
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Seduta al tavolo della sala comandi, continuavo a chiedermi mentalmente quali sarebbero stati i miei compiti nella prossima battaglia. Il Dottor Gilmoure iniziò a parlare “Ragazzi miei, la missione che vi illustrerò tra poco richiederà tutta la vostra attenzione. Vi prego di non interrompermi durante la spiegazione… dopo potrete farmi qualsiasi domanda”.
Il Professore spense le luci e proiettò a video l’immagine di un’enorme fabbrica “Questa è la Tenax… è una grossa industria farmaceutica francese che opera in tutto il mondo. Sembra però che non si occupi solo di medicinali…”
Sullo schermo apparve la diapositiva di un uomo calvo, con occhiali scuri e lunghi baffi “Questo è uno dei due soci proprietari della Tenax, Maurice Girodin…non sappiamo l’identità dell’altro, tuttavia ho scoperto che il nostro individuo misterioso è la vera e propria mente creatrice del Voltrex” nuova diapositiva “il Voltrex, come vedete, sembra un comune palliativo influenzale, in realtà è una droga potentissima, che non lascia residui nell’organismo umano, ma porta ad assuefazione ed alla morte in pochissimo tempo. Il nostro compito è distruggere la Tenax ed eventuali altre fabbriche produttrici del Voltrex. Ci sono domande?”
“Sì” intervenne Joe “perché questa droga è in commercio se tutti sanno chi la produce? Non potrebbero semplicemente chiudere l’industria ed arrestare i proprietari?”
“Pare che non sia così semplice… i nostri due soci hanno contatti nelle alte sfere che permettono loro di fare ciò che vogliono…”
“Potremmo far parlare questo Girodin e costringerlo a rivelarci il nome del suo compare, visto che è a lui che dobbiamo arrivare” disse Punma.
“E’ proprio quello che avevo in mente”…altra diapositiva… “ecco qui… questo che vedete è il Club La Ville Lumière; è uno dei locali più in voga a Parigi in questo momento e indovinate a chi appartiene?”
“Mmmmh… a Girodin per caso?” disse Bretagna.
“Esatto! Il nostro amico ne possiede una vera e propria catena, dislocata in tutte le più grandi città di Francia. Il Club di Parigi è quello più famoso perché ospita tutte le sere personaggi importanti dell’alta società francese”
“Che cosa dobbiamo fare, dottore?” chiese Albert.
“Partiremo domani mattina con il primo aereo per Parigi e, una volta arrivati, 003 si recherà in questo locale e cercherà di avvicinare Girodin… pare abbia un debole per le belle donne… ovviamente non andrai sola Françoise, tuo marito e 002 verranno insieme a te, senza farsi notare e, in caso di necessità, interverranno.
“Va bene” risposi.
“Bene ragazzi miei, andate a riposare ora, ci aspetta una lunga giornata…”
Il Dottor Gilmoure si ritirò nella sua stanza; noi tutti lo imitammo… dovevamo preparare i bagagli per il viaggio… ero così emozionata…domani… domani dopo così tanto tempo avrei rivisto la mia bellissima Parigi…
Parte 5
“Uff… sono esausta!” richiusi finalmente l’enorme valigia che avevo preparato con cura per il nostro viaggio.
“Dovresti riposare tesoro… negli ultimi tempi ti sei stancata molto…” disse Joe, che mi guardava dall’altra parte della nostra camera.
“Sì hai ragione… comunque qua ho finito… adesso vado a farmi una doccia e poi subito a dormire… domani dobbiamo alzarci presto…”
Mio marito sorrise: “Sai… in questo momento sembri una bambina che ha appena ricevuto un bel regalo…”
“Beh… sì, è vero… in fondo rivedere Parigi ha sempre un effetto positivo su di me!”
“L’avevo notato… dovrò portarti in Francia più spesso!”
Mi avvicinai con fare vagamente minaccioso, puntando il dito indice contro di lui, dicendo: “Non in Francia mon amour… a Paris!”
“Oh… come desidera, madame!” fece un inchino che aveva qualcosa di comico, così non potemmo fare a meno di scoppiare a ridere entrambi.
“Purtroppo non sarà un viaggio di piacere…” disse Joe, tornando di nuovo serio.
“Oh no… non ricordarmelo… ci penseremo domani” sfiorai le sue labbra con un bacio e mi recai in bagno, lasciandolo alle prese con il suo bagaglio…
L’acqua scorreva sopra di me… era una sensazione strana, il suo cadere lento aveva il potere di lavare via i miei dispiaceri, tutti i miei brutti ricordi… era solo un momento, sapevo che sarebbero tornati, ma più il tempo passava e più riuscivo ad attutire il dolore e le sofferenze di una vita da cyborg…
Improvvisamente sentii un tocco leggero, diverso, prima sulle mie spalle… poi lungo la schiena… per finire sui fianchi…
“Non sapevo che l’acqua avesse le dita…” dissi.
Joe non rispose, ma riuscii ad intuire il suo sorriso, prima che cominciasse a baciarmi sul collo…
“Tesoro… è molto tardi…” tentai invano di resistere, ma lo volevo davvero?
Mi voltò verso di sé, prendendo il mio viso tra le sue mani… i suoi occhi scuri mi fissavano in silenzio… era come se mi vedesse per la prima volta in vita sua…
Quel suo sguardo profondo aveva sempre avuto un effetto ipnotico su di me…
“Joe…” tentai di parlare… ma non sapevo bene che cosa voler dire con precisione.
Lui sfiorò i miei capelli bagnati… “Sei così bella…” la sua voce era rotta dall’emozione… “sei la cosa migliore che sia capitata in tutta la mia esistenza… ti amo Françoise… ti ho sempre amata tanto…”
Avevo le lacrime agli occhi… prese le mie mani e le poggiò sul suo petto… “Senti?... Anche se sono un cyborg, ho ancora un cuore e appartiene solo a te… tu sei entrata qui dentro e farò in modo che niente e nessuno possa portarti via da me…”
“Amore mio… questo non succederà mai…”
Mi attirò a sé, cingendomi la vita e mi baciò profondamente… non riuscivo più a percepire il mondo intorno a me, soltanto le sue labbra sulle mie… soltanto i nostri sentimenti…
Ci amammo per tutta la notte…
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Il viaggio per Parigi era stato molto lungo e la differenza di fuso orario si era fatta sentire… come se non bastasse, Joe ed io ci eravamo sorbiti per tutto il tempo le battutine ironiche di 002…
“Ma guarda che facce pallidocce… qualcuno si è stancato parecchio stanotte!” disse, mentre facevamo il nostro ingresso all’hotel La Paix, che ci avrebbe ospitato per i giorni avvenire.
Alla fine, esausta, gli risposi per le rime “Hai proprio ragione Jet… sai, dovresti provare a farlo anche tu ogni tanto... potrebbe anche piacerti…”
Gli altri scoppiarono a ridere, mentre 002 diventava rosso in viso come i suoi capelli… Bretagna si avvicinò e gli dette una pacca amichevole sulla spalla “Te la sei proprio cercata, amico!”
Jet emise quello che sembrava un ringhio soffocato che aumentò ancora di più l’ilarità generale.
“Ah… ehm…” il Dottor Gilmoure interruppe quella che per me era diventata una situazione imbarazzante “andate a sistemarvi nelle camere ragazzi… 002, 003, 009… ci troviamo qui nella hall alle 22.00 in punto” detto questo si avviò alla reception per ritirare le chiavi della sua stanza e noi lo imitammo…
La missione era ufficialmente iniziata.
Parte 6
“E questo è tutto…” il Dottor Gilmoure aveva appena terminato di ricapitolare i nostri compiti principali… erano più o meno le dieci e trenta di sera… “E’ chiaro ragazzi?”
“Sì” rispondemmo all’unisono.
“Mi raccomando, ricordate… niente gesti avventati… dobbiamo solo ottenere il nome del socio di Girodin senza destare clamore, d’accordo?”
“Va bene professore…”
“Buona fortuna…”
Ci avviammo tutti e tre verso la limousine noleggiata per l’occasione… l’autista ci stava aspettando proprio davanti l’hotel e, non appena ci vide camminare nella sua direzione, si affrettò ad aprire la portiera posteriore con un inchino, facendo segno di accomodarsi…
“Perdindirindina… che lusso!” disse sottovoce Jet…
“Cerchiamo di stare al gioco…” risposi, entrando nell’auto… anche se chiamarla auto era alquanto riduttivo…
Una volta saliti, lo chauffeur prese posto alla guida e partì lentamente.
Il Club La Ville Lumière non era molto lontano ed arrivammo nel giro di pochi minuti… c’era una gran folla all’ingresso, di fronte al quale la limousine si fermò.
“Sei semplicemente meravigliosa” non mi ero accorta dello sguardo di Joe… ero talmente assorta nei miei pensieri…
Per quella serata dovevamo portare abiti eleganti per cercare di passare inosservati, così io indossavo un lungo vestito di seta azzurra, con una profonda scollatura sulla schiena, mentre Jet e mio marito avevano ciascuno un bellissimo smoking scuro… tuttavia mi sentivo molto a disagio in quell’abito per me troppo provocante…
“Non è un po’ esagerato?” dissi voltandomi.
“Ma no… stai benissimo, vero Jet?”
“Sicuro! Dovresti vestirti così un po’ più spesso…”
“Sarà…”
Joe tornò di nuovo serio, dopo aver fulminato con gli occhi 002 per il suo apprezzamento “Bene… ci siamo… dovrai entrare da sola e localizzare Girodin… noi ti seguiremo e non ti perderemo di vista un istante…”
“D’accordo…”
“La macchina tornerà a prenderci tra circa un’ora” disse 002 “muoviamoci”.
“Sta’ attenta” Joe sembrava preoccupato… cercai di tranquillizzarlo con un bacio… “Andrà tutto bene… ci vediamo tra poco”, mi voltai senza dargli il tempo di replicare e mi tuffai nel vortice di persone che affollavano il locale.
Il Club era davvero molto chic, arredato con gusto, anche se ostentava un certo sfarzo… Aveva numerosi tavoli, ovviamente tutti occupati, ed un enorme bancone che aveva funzione di bar; le pareti erano coperte di specchi e drappi di seta… “Questo tizio non si fa mancare proprio niente…” Guardandomi intorno, notai subito una porticina che presumibilmente dava sul retro del locale…
“Joe… Joe… mi senti?” cercai di contattare mentalmente mio marito…
“Forte e chiaro…”
“C’è una porta in fondo alla sala… vado a controllare…”
“Va bene… siamo dentro anche noi… seduti al bar, riesci a vederci?”
Mi voltai… “Sì…” sapere della loro presenza mi dava sicurezza.
Mi diressi verso la porta… non era sorvegliata e neppure chiusa a chiave… aprii pensando che mi sarebbero piovuti addosso perlomeno sette o otto gorilla, ma non accadde nulla e riuscii ad entrare indisturbata…
Richiusi la porta dietro di me… la stanza che avevo davanti era piccola, senza finestre, con solo una scrivania colma di fogli, su cui campeggiava il nome Directeur: Monsieur Maurice Girodin, scritto sopra una targa… “E’ l’ufficio del capo dunque!” pensai, cominciando a passare in rassegna le carte sul tavolo… forse avrei potuto trovare facilmente informazioni interessanti…
Purtroppo la mia ricerca si interruppe molto presto, perché qualche minuto dopo la porta della stanza si spalancò ed io mi ritrovai davanti all’uomo che avevo visto in una diapositiva soltanto un giorno prima… Non ero riuscita a prevedere il suo arrivo, nonostante le mie capacità.
Mi squadrò dall’alto in basso, poi sulla sua bocca comparve un largo sorriso, quasi lussurioso… “Guarda un po’ chi abbiamo qui… un’affascinante signora…”
Dissi la prima cosa che mi venne in mente “Mi dispiace monsieur… cercavo la toilette e devo essermi persa” che scusa idiota Françoise!
“La prego mademoiselle… non fa niente… mi permetta di presentarmi… il mio nome è Maurice Girodin e sono il proprietario de La Ville Lumière” afferrò la mia mano e la baciò sul dorso… quell’uomo era un essere viscido, dovevo liberarmene alla svelta… “Mi scusi… devo proprio andare adesso…” ma lui mi bloccò, forzando la sua mano sulle mie dita… “Che fretta c’è? Posso offrirle qualcosa da bere?”
Non avevo bisogno di entrare nella sua testa per capire quali pensieri attraversavano la sua mente… ero disgustata… quasi senza rendermene conto, ordinai al tagliacarte che si trovava sulla scrivania di muoversi… in un attimo il piccolo coltello volò sotto il viso di quel serpente, fermandosi a poca distanza dalla sua gola… terrorizzato, mollò la presa…
“Ma… ma… come diamine hai fatto?” chiese spaventato e immobile per la paura…
“Non provare mai più a toccarmi, verme schifoso…” sibilai.
“Fossi in te farei come dice amico, se non vuoi ritrovarti con una cerniera-lampo al posto del collo…” disse 002, che era entrato nella stanza insieme a Joe… Avevano entrambi la pistola in pugno…
“Chi… chi diavolo siete? Che cosa volete da me?” Girodin stava cominciando a sudare freddo…
“Chi è il tuo socio alla Tenax? Vogliamo il suo nome.” Joe aveva parlato con fermezza, senza tanti preamboli… era completamente immerso nella missione…
“Non so di cosa state parlando…”
“Sì che lo sai, bastardo! Parla o ti faccio il terzo occhio in fronte!” disse Jet, alzando la sua arma e puntandola verso il capo di Girodin.
“Va bene, va bene… calmatevi… vi dirò tutto… ma per favore non uccidetemi” piagnucolò…
Afferrai il tagliacarte ancora sospeso a mezz’aria: “Siediti”
L’uomo crollò a terra, supplicando nuovamente di risparmiargli la vita.
Joe si avvicinò e cominciò ad interrogarlo…
“Te lo chiedo di nuovo… chi è il tuo socio?”
Girodin alzò gli occhi, osservandoci tutti e tre…
“Ma si può sapere chi siete?”
“Non ha nessuna importanza per te conoscere la nostra identità… rispondi alla domanda!” gridò Jet.
“Se ve lo dico sono un uomo morto…”
“Sei morto se non parli” continuò Jet. Sempre più in preda alla paura, cominciò a cantare come un uccellino: “Lui ed io passiamo per i proprietari della Tenax, ma in realtà non lo siamo affatto…”
“Come sarebbe a dire?”
Girodin annuì “Sì… l’industria farmaceutica appartiene ad un’organizzazione estera che ha acquisito la fabbrica non molto tempo fa…”
I nostri sguardi si incrociarono… avevamo già compreso…
“… Si fanno chiamare Fantasmi Neri o qualcosa del genere…” continuò “… hanno preso possesso del mercato internazionale della droga, grazie al Voltrex; il mio socio si occupa del controllo della produzione ed io ho il compito di venderla… abbiamo molte importanti personalità tra i nostri clienti…” sorrise ironicamente. Aveva capito che avevamo bisogno di lui, per cui era tornato di nuovo spavaldo. Joe mantenne la calma “Dicci il suo nome e ti lasceremo andare…”
“009!” esclamò Jet, ma mio marito gli fece cenno di tacere e continuò: “Avanti!”
“Mi dai la tua parola?”
“Hai la mia parola”
“E va bene…”
Tutto potevo aspettarmi, ma mai avrei immaginato le parole che seguirono…
“Si chiama Arnoul… Jean-Paul Arnaul”
Parte 7
“Come sta, Joe?” i cyborg erano in ansia per Françoise, chiusa nella sua stanza d’albergo ormai da due giorni.
“Male ragazzi… molto male… non dorme più e non vuole mangiare niente…”
“Lo credo bene” disse Bretagna “sapere che il fratello è diventato un trafficante di droga… povera bambina, sarà distrutta dal dispiacere…”
Albert intervenne “Però deve reagire… chiudersi in se stessa non le servirà…”
Il Dottor Gilmoure cercò di cambiare discorso “Perlomeno sappiamo dove cercarlo?”
Jet prese la parola “Sì, abbiamo fatto delle ricerche con Punma e abbiamo scoperto che passa tutti i pomeriggi alla fabbrica, vero 008?”
“Già, è molto meticoloso nei suoi programmi, a volte si trattiene fino a tarda notte... se le nostre informazioni sono esatte, dovrebbe trovarsi là in questo momento… potremmo andarci anche subito…”
“Ben fatto” disse il professore “tra l’altro dobbiamo fare in fretta o rischiamo di non trovarlo vivo…”
“Cosa?” esclamarono i cyborg.
“Proprio così… ho appurato dai giornali francesi che Maurice Girodin è morto ieri…”
“Ma come è successo, dottore?” chiese Chang.
“Pare che sia andato fuori strada con la sua auto…”
“Sicuramente c’entra il Fantasma Nero” disse Geronimo.
“Avranno scoperto che ormai era compromesso, così hanno deciso di eliminarlo, facendo sembrare il tutto un incidente” parlò Ivan.
“Per questo motivo dobbiamo trovare Arnaul al più presto… andate subito ragazzi” ordinò il Dottor Gilmoure.
I cyborg fecero per muoversi, ma una voce perentoria li fermò “No!”
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Si voltarono tutti al suono della mia voce... dovevo avere un aspetto orribile perché i loro volti erano pieni di apprensione, ma non mi importava affatto…
“No! Andrò io e andrò da sola!”
Nonostante avessi parlato con decisione, Joe cominciò ad irritarsi…
“Levatelo dalla testa! Non ti permetterò di farti uccidere!”
“Non ho assolutamente voglia di discutere con te in questo momento!” ma in realtà ero già in preda alla collera…
Mio marito si rivolse agli altri, che assistevano allibiti alla scena… non erano abituati a vederci litigare “Scusateci un momento…” detto questo mi afferrò letteralmente per un braccio e mi trascinò dall’altro lato della hall… Qui si fermò, tenendomi ancora stretta… “Sei completamente impazzita per caso?”
Il suo tono di voce scatenò la mia rabbia, soffocata per due interi giorni. Mi liberai con uno scatto improvviso, gridando: “Non riuscirai a fermarmi, capito? E’ mio fratello!”
“E tu sei mia moglie, Cristo! Non ti lascerò andare incontro al suicidio!” urlò.
La mia ira cresceva “Ma che ne sai tu… tu che sei cresciuto e vissuto sempre da solo, cosa vuoi saperne della famiglia!”
Joe si immobilizzò… un lampo attraversò i suoi occhi… lo avevo ferito a morte, ero stata tremendamente ingiusta… come avevo potuto parlare così all’uomo che amavo? Tanto valeva avergli conficcato una lama in mezzo al cuore, forse gli avrebbe fatto meno male…
Lui mi afferrò per le spalle e mi obbligò ad avvicinare il mio volto al suo… credevo volesse meritatamente punirmi, invece disse soltanto “So che cosa significa avere una famiglia soltanto da quando ho te!”
Restammo in silenzio per un momento, poi Joe mi lasciò… lacrime amare iniziarono a scendere lungo il mio viso… io gli avevo procurato un grande dolore e lui invece… mi resi conto che mi amava davvero moltissimo…
“Perdonami” dissi “non avevo il diritto di parlarti così…sai bene che non è quello che penso veramente…”
Lui si calmò, si avvicinò a me e mi abbracciò “Sì… lo so… capisco che sei sconvolta…”
Alzai gli occhi “Devo parlare con Jean… devo farlo… devo capire perché è cambiato così tanto…”
Joe mi baciò… dopodiché disse “Va bene, ma io verrò con te… ti accompagnerò soltanto e ti aspetterò fuori, così potrò intervenire in caso di necessità… non mi intrometterò tra te e tuo fratello, promesso.”
Sorrisi per la prima volta in due giorni.
“Grazie… ti amo…”
“Ti amo tanto anch’io… andiamo adesso”
“Va bene”… ci dirigemmo verso il resto del gruppo, rimasto discretamente in disparte… volevamo spiegare loro ciò che avevamo deciso, ma… improvvisamente… non riuscii a vedere più niente… tutto si fece buio intorno a me ed ebbi la sensazione di cadere nel vuoto…
Parte 8
L’uomo dai capelli chiari stava in piedi davanti alla grande finestra del suo ufficio, contemplando il panorama della campagna francese… Dopo molto tempo, con un lieve sospiro, si avvicinò alla sua scrivania e si sedette. Lentamente, aprì un cassetto e ne estrasse una fotografia di vecchia data, logora e quasi completamente consumata… tuttavia, vi si potevano ancora vedere i volti di due giovani ragazzi sorridenti, nella piena stagione delle loro vite: uno era l’uomo stesso, che abbracciava una giovane dai capelli biondi e gli occhi azzurri…
Le sue dita accarezzarono il viso della donna con delicatezza, quasi con timore che quel leggero tocco potesse farla scomparire per sempre…
“Sto cercando un passato che non tornerà mai più… se solo sapessi dove trovarti, sorellina…”
La sua mente tornò a quel maledetto giorno, quando le fu portata via sotto gli occhi… “Avrei potuto fare di più… forse ora saremmo insieme… forse mamma e papà non sarebbero morti di dolore…”
Forse… forse…
Com’è strana la vita… lui era un uomo affermato ormai, ma tutto quel potere gli era stato dato proprio dai criminali che l’avevano rapita. Aveva pensato di entrare nell’organizzazione perché così sarebbe stato più facile trovarla… ma le cose erano andate diversamente da come sperava… erano passati quasi sei anni e non aveva scoperto nulla sul destino di sua sorella… aveva finito per arrendersi, convincendosi che forse era morta anche lei…
“Magari è stato meglio così… almeno ora non puoi vedere quello che sono diventato e vergognarti di me…”
Dai suoi occhi cadde una lacrima che andò a sciogliersi sul bel viso della ragazza… Lui, che non piangeva mai, che non si mostrava mai debole, si era lasciato trasportare dalle sue emozioni… Irritato per quella mancanza di autocontrollo, scaraventò la fotografia che aveva in mano nel cassetto della scrivania ancora aperto e lo richiuse con forza, imprecando.
Nella foga del suo gesto, si accorse di essersi lievemente ferito il dito indice con la carta della foto… rimase immobile, fissando minuscole goccioline di sangue uscire dalla sua pelle… fu assalito da una grande, inspiegabile ansia…
I suoi pensieri non riuscirono a prendere forma, perché sulla porta del suo ufficio comparve un uomo… alto… il volto preoccupato…
“Chi è lei? Come ha fatto ad entrare qui dentro?” l’uomo riprese il controllo di sé…
“Sei Arnoul?” chiese il misterioso individuo, passando direttamente al tu…
Nessuna risposta, l’altro ripeté “Jean-Paul Arnoul?”
“Perché vuole saperlo?”
“E’ questione di vita o di morte… sei tu Jean-Paul Arnaul?”
L’uomo esitò un istante, poi… di nuovo quell’ansia… allora disse “Sono io, ma lei chi diamine è?”
“Mi chiamo Joe Shimamura… e sono tuo cognato…”
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“009!” gridò Albert, fissando un punto oltre Joe… Lui si voltò e fece appena in tempo a sostenere 003, che cadde svenuta tra le sue braccia…
“Françoise!... Françoise!... Tesoro, rispondimi! Françoise!...”
Gli altri si radunarono intorno ai due ragazzi… 003 giaceva a terra e non mostrava alcun segno di ripresa.
Il Dottor Gilmoure le prese il polso e disse “Mmmmh… il battito è molto debole… dobbiamo portarla subito in ospedale!”
“Cosa?” esclamò 002 “Professore, ma noi siamo cyborg… non possiamo andare in ospedale!”
“Non dire idiozie! Voi non siete completamente artificiali e comunque le parti robotiche e meccaniche di 003 sono situate solo nel cervello… inoltre, qui all’ospedale di Parigi lavora una mia collega ed amica, Caroline Fourier, che sa tutto di voi… dobbiamo andare da lei, io non ho a disposizione gli strumenti necessari a capire che cosa le ha provocato questo…” rispose lo scienziato.
“Va bene, sbrighiamoci” esclamò 009 “Ivan… puoi teletrasportarci tutti?”
“Certamente!”
“Andiamo!”
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In pochi secondi, giunsero in ospedale e consegnarono Françoise alle cure della dottoressa Fourier, assistita dal Dottor Gilmoure.
I cyborg attendevano pazienti i risultati di quella visita in una piccola sala d’aspetto, isolata dal resto della struttura sanitaria: nessuno doveva sapere che si trovavano lì…
Joe era sempre più in ansia: “Mi sento così inutile…”
“Siamo tutti preoccupati” cercò di confortarlo Geronimo “ma l’unica cosa che possiamo fare è aspettare…”
Rimasero in religioso silenzio… 009 continuava a ripetersi mentalmente “Non voglio perderla… no… non può lasciarmi solo”, come se le sue parole potessero in qualche modo esorcizzare il fantasma della morte, di nuovo così vicina a lui.
Dopo un’attesa interminabile, la dottoressa Fourier comparve davanti agli otto cyborg, con il Dottor Gilmoure al suo fianco.
Era una donna di mezz’età, con i capelli corti ed il volto di una persona che aveva visto tanto dolore nella sua vita; tuttavia, i suoi occhi emanavano ancora una luce vivida, quasi un segno di speranza… teneva una cartella clinica…
Joe si avvicinò immediatamente… davanti all’espressione interrogativa della dottoressa, disse “Sono il marito… che cos’ha?”
I due scienziati si scambiarono uno sguardo ed il Professor Gilmoure disse “Vieni con noi, ragazzo…”
009, esitando, li seguì; lo accompagnarono a quella che doveva sicuramente essere la sala rianimazione, poiché era separata dalle altre camere e circondata da vetri molto spessi. Françoise giaceva ancora svenuta all’interno della stanza, circondata da tubicini, apparecchi medici e collegata ad una maschera che le consentiva di respirare.
Joe era sconvolto… non l’aveva mai vista in quello stato, neanche dopo il suo precedente intervento: “Ma che cos’ha, dottore?”
Lo scienziato sospirò e rispose: “Parla pure tu, Caroline…”
La donna porse la mano destra a 009 “Innanzitutto, piacere di conoscerti… anche se avrei preferito averlo fatto in circostanze diverse…” e continuò “… siediti.”
Joe non resisteva più in quell’incertezza… obbedì.
“Dunque, ragazzo… ho due notizie per te: una buona ed una cattiva, purtroppo…”
Lui guardò il Dottor Gilmoure, che annuì con il capo.
“Quale vuoi sapere per prima?”
Non rispose, era come se qualcuno gli avesse serrato la gola per impedirgli di parlare.
La dottoressa Fourier continuò maternamente: “Beh, credo sia meglio cominciare con quella buona… tua moglie aspetta un bambino…”
Era come aver ricevuto un pugno nello stomaco… ma la sensazione non era affatto dolorosa…
“Ma… io… come… lei…” iniziò a balbettare, volgendo gli occhi dall’uno all’altra.
“Sì, sì… reagiscono tutti così…” disse la donna, porgendo la cartellina che aveva in mano a Joe… lui la aprì e quello che riuscì a vedere prima che le lacrime gli offuscassero lo sguardo fu un’ecografia che mostrava un esserino minuscolo, con piccole manine davanti al faccino…
“Oddio!” singhiozzò…
La dottoressa gli prese la cartella dalle mani e disse: “Considerato il risultato delle analisi, lo stadio della gravidanza è di dieci settimane, poco più di due mesi…”
“Ma… io… insomma… noi non ci siamo mai resi conto di…”
“Sì, capisco” lo prevenne la dottoressa Fourier “ma ad una donna può capitare di non accorgersi di niente, finché non ha i primi sintomi… inoltre, la situazione di Françoise è molto particolare… essendo un cyborg certamente non avrebbe mai immaginato di rimanere incinta…”
Joe si ammutolì… lei purtroppo continuò dispiaciuta: “Devo darti però anche la cattiva notizia…”
Lui cercò di ricomporsi… ascoltando attentamente…
“Françoise non sta bene… vedi… la gestazione è già fisicamente impegnativa per una donna normale… per lei lo è ancora di più”
“Che significa?”
“Il bambino sta assorbendo tutte le sue energie… e lei non ha la capacità di reagire… non è in grado nelle sue… diciamo… condizioni, di affrontare una gravidanza… mi dispiace molto ragazzo, ma temo che se non si riprenderà sarà necessario ricorrere all’aborto…”
Joe schizzò in piedi “No! Ci dev’essere un altro modo… Mi rifiuto di credere che non esista un’altra strada!”
Caroline Fourier rispose tranquillamente: “L’unica maniera consiste in trasfusioni di sangue, da effettuare con una certa regolarità per tutti i nove mesi di gestazione… ma a quanto ne so, Françoise non ha parenti e voi non potete certo prestarvi alle cure…”
“Si sbaglia!” gridò 009 “mia moglie ha un fratello, vive proprio qui a Parigi. Lo contatterò e gli spiegherò la situazione… mi aiuterà… dovrà farlo!” Un lumicino flebile di speranza si accese di nuovo in lui… serrò i pugni… la dottoressa comprese perfettamente la sofferenza del ragazzo.
“E va bene” disse “però cerca di sbrigarti… secondo i miei calcoli, dovrò eseguire la prima trasfusione tra meno di due ore, altrimenti…”
“Farò molto prima può giurarci…” detto questo, corse dai suoi amici, spiegando loro che cosa aveva intenzione di fare…
La missione era definitivamente cambiata…
Parte 9
Forse era stato troppo diretto… Jean doveva avere il tempo necessario per rendersi conto della situazione, tuttavia era proprio il tempo che mancava a Joe… poco meno di un’ora…
“Cosa vai blaterando, ragazzo!”
“Ascoltami ti prego” Joe lo interruppe con un cenno della mano “può sembrarti assurdo tutto questo, ma è la verità. So che tu sei il fratello di Françoise e lei è mia moglie… ho bisogno del tuo aiuto”.
Jean era rimasto sconcertato da quelle parole, ma si riprese velocemente; la vita gli aveva insegnato a non fidarsi di nessuno e non aveva alcuna intenzione di cominciare proprio ora…
Si ricompose e sibilò: “Capisco… mi stai ricattando per estorcermi del denaro… bene… quanto vuoi per sparire dalla mia vista?”
Joe sospirò, si portò la mano destra al collo, togliendosi una catenina d’oro con appeso un piccolo medaglione.
La lanciò letteralmente all’uomo che gli stava di fronte, dicendo: “Se non mi credi, guarda qui dentro”.
Jean lo afferrò al volo, rimanendo nell’incertezza se aprirlo o meno… “Avanti!”
Sussultò al suono di quel comando perentorio e quindi osservò il ciondolo: aveva una forma rotonda, regolare, ed all’esterno recava una lieve incisione “Insieme per sempre”… lo rigirò tra le mani un paio di volte e finalmente lo aprì… quello che vide gli strappò un singulto: la foto di sua sorella che sorrideva felice… le sue mani iniziarono a tremare…
“Chi mi assicura che non lo hai trovato da qualche parte… o forse addirittura rubato?”… la sua voce però era malferma…
Joe, con molta calma, si avvicinò, si tolse la fede nuziale dal dito e disse: “Leggi…”
“Françoise… 22 ottobre 1984”
“Ci siamo sposati proprio nel giorno in cui l’hai vista per l’ultima volta… è stata lei a volerlo…”
Jean alzò gli occhi, incontrando lo sguardo di Joe, pieno di apprensione: “Mi credi adesso?”
“Io…” scosse la testa più e più volte “… io… ma come è possibile… è viva… dopo tutti questi anni… l’ho cercata così tanto…” le parole uscivano confuse dalla sua bocca, miste a lacrime di gioia… “dov’è? Sta bene? Parla!”
“È proprio qui a Parigi”.
Scattò in piedi, rapidamente, mosso dal desiderio di correre dalla sua sorellina, dirle che non l’aveva dimenticata e che le voleva bene… ma… fu bloccato dalla presa di Joe che lo afferrò per le spalle e lo obbligò a fermarsi davanti a lui… la sua forza era davvero impressionante…
“Tu…” disse Jean allibito “…anche tu sei un cyborg?”
L’altro annuì.
“Lasciamo andare immediatamente!”
“Per favore cerca di controllarti! Non sai neanche dove trovarla!”
“E allora portami da lei! Tu sai dov’è!”
”Devi calmarti o Françoise morirà!” le parole di Joe sortirono l’effetto sperato; Jean tacque e 009 lasciò ricadere le mani lungo i fianchi… rimasero faccia a faccia per qualche istante: “Ti prego di farmi parlare una volta per tutte… non abbiamo molto tempo…”
Jean lesse il dolore nei suoi occhi: “Perdonami… ti ascolto…”
In pochi minuti, Joe gli raccontò ogni cosa: la fuga dai Fantasmi Neri, le loro battaglie, le loro sofferenze… fino al loro matrimonio ed alla scoperta della gravidanza di Françoise, per la quale stava rischiando di morire…”
“Adesso sai tutto” concluse “non voglio scegliere tra la vita di mia moglie e di mio figlio… devi aiutarmi Jean!”
L’altro non mostrò la minima esitazione “Farò tutto ciò che è in mio potere per salvare mia sorella” e mentre diceva questo porse a Joe la mano destra “ti chiedo scusa per aver dubitato di te”.
“Non fa niente, dobbiamo andare ora…”
“Ma come faremo ad uscire da qui? I corridoi sono costantemente sorvegliati…”
“Usciremo da dove sono entrato… dai sotterranei!”
“Ma… sono dei veri e propri labirinti… la tua è stata solo fortuna!”
“Non preoccuparti… non sono venuto qui da solo… ho amici che ci daranno una mano… fidati di me…”
Jean era titubante… ma lo sguardo di quel ragazzo era fermo e sicuro: sì, avrebbe fatto di tutto per salvare Françoise.
“D’accordo!” disse infine “Vieni, passiamo da questa parte… c’è una porta che arriva dritta all’uscita secondaria del palazzo…”
Mentre si avviavano, Jean disse “Posso farti una domanda?”
“Sì, ma sbrigati…”
“Se fossi costretto…”
Joe non gli permise di terminare quella frase “Come ti ho già detto, non voglio scegliere tra la vita di mia moglie e di mio figlio… ma se fossi costretto… non sacrificherei mai Françoise, lei è l’aria che respiro… e nessuno vive senza respirare… neanche un cyborg!”
L’altro si lasciò sfuggire un sorriso… “Era quello che volevo sapere… andiamo presto!”
Richiusero la porta dell’ufficio di Jean dietro di loro… la chiusero per non aprirla mai più…
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“Accidenti… questi cunicoli non finiscono più…”
“Smettila di lamentarti 006 e muoviti!”
Joe aveva davvero una gran fretta… il tempo correva velocemente… troppo velocemente…
Arrivarono ad una strana diramazione e si bloccarono tutti quanti…
Jean fece il primo passo. “Per di qua” disse, indicando alla sua sinistra…
“Ne sei sicuro?” chiese 004.
“Francamente no… ho percorso questi corridoi solo una volta e ricordo vagamente la strada”.
“Così rischiamo di rimanere intrappolati qua dentro…” disse 007, allarmato, ma 009 rispose “Non abbiamo scelta, dobbiamo tentare…”
Continuarono a camminare per quelli che a Joe sembrarono minuti interminabili, poi… finalmente…
“Ecco l’uscita!” gridò Jean… Cominciarono a correre… ma, una volta spalancata la porta un’amara sorpresa li attendeva: decine di soldati del Fantasma Nero puntavano le loro armi contro di loro, pronti a far fuoco.
Joe si rivolse a Jet: “002, porta immediatamente Jean da Françoise”.
“Ma…”
“Non discutere!” 009 era irremovibile “Al resto pensiamo noi”.
002 annuì, afferrò Jean per le braccia e spiccò il volo… A quel movimento, si scatenò l’inferno: i soldati cominciarono a sparare contro i cyborg…
“004! Lancia uno dei tuoi missili contro il palazzo!” urlò Joe, mentre abbattevano un uomo dopo l’altro.
“Va bene!”
Albert prese la mira… un lampo attraversò il cielo… pochi secondi dopo la Tenax non esisteva più…
Nella confusione generale, Joe si voltò verso l’armata nera, riuscendo a scorgere uno dei soldati ancora vivi mirare a Jet ed al suo prezioso fardello…
“Non te lo permetterò… Accelerazione!”
I cyborg non fecero in tempo a rendersi conto della situazione… dal fucile del nemico partì un colpo… in quell’istante Joe venne a trovarsi nella traiettoria del proiettile, nel tentativo di salvare i suoi amici… la pallottola lo trafisse in pieno petto…
Mentre ricadeva a terra, un fiotto di sangue sgorgò dalla sua bocca…con le ultime forze che gli restavano, mormorò “Françoise”… poi giacque privo di conoscenza.
008 sparò al nemico, dopodiché i cyborg corsero verso 009, ma… inspiegabilmente… Joe non era più dov’era caduto.
Parte 10
La dottoressa Fourier era nella stanza dove si trovava Françoise e stava controllando attentamente i suoi parametri vitali e quelli di suo figlio, grazie alle sofisticate apparecchiature mediche che le aveva messo a disposizione.
“Sei davvero forte bambina mia…” disse tra sé e sé, osservando i risultati dell’elettrocardiogramma che monitorava continuamente la situazione… “siete in gamba tutti e due…”
Si avvicinò alla ragazza e le sfiorò il ventre con delicatezza, poi mormorò “…il tuo piccolo vedrà la luce, cara… te lo prometto…”
Improvvisamente, Françoise spalancò gli occhi e gridò con tutte le sue forze, inarcando la schiena… fu un suono terribile che durò pochi secondi… la dottoressa Fourier ritrasse la mano, rimanendo pietrificata da quell’urlo agghiacciante…
Françoise giacque di nuovo svenuta, dapprima ansimando, poi… il suo respiro si fece lentamente più regolare e si placò… come se nulla fosse accaduto…
Caroline osservò il monitor… il battito cardiaco della donna aveva subito in quegli istanti un picco irregolare, ma adesso era tornato alla normalità…
“Ma… che cosa è successo?” si chiese allibita “Che significa?”
Sentì perfettamente dei passi concitati avvicinarsi sempre di più a loro… si voltò verso la porta della camera, che si spalancò… Ai suoi occhi apparve una giovane infermiera… il viso stravolto…
“Marie! Che cosa è successo?”
“Dottoressa… presto… venga… è… incredibile…” disse, cercando di riprendere fiato…
Il medico le afferrò le spalle, cominciando a preoccuparsi seriamente: “Calmati, Marie! Cerca di spiegarti per l’amor del cielo!”
Per tutta risposta, l’infermiera prese la mano della dottoressa e la trascinò con sé…
Le due donne percorsero velocemente il corridoio che separava la stanza di Françoise dal resto della clinica e giunsero ad una delle sale del pronto soccorso.
Qui la dottoressa Fourier rimase paralizzata da ciò che vide: Joe giaceva supino sul pavimento dell’ospedale… sul petto una profonda ferita… accanto a lui due uomini, l’uno che cercava disperatamente di fargli riprendere conoscenza, l’altro che tentava di tenere lontani gli altri pazienti…
Caroline Fourier riprese in controllo: “Che cosa diavolo è successo, Marie!” disse, rivolgendosi all’infermiera al suo fianco…
“Non lo so, dottoressa… è… è apparso dal nulla…” rispose, indicando il ragazzo svenuto “cioè… prima non c’era… poi… è comparso qui… noi non…”
“Taci!” la dottoressa Fourier aveva compreso perfettamente… di certo erano stati i poteri telecinetici di sua moglie a condurlo fin lì… Françoise stava cercando disperatamente di salvare l’uomo che amava…
Caroline si avvicinò a Joe, si inginocchiò accanto a lui e gli ascoltò prima il polso, poi il respiro… cadde un religioso silenzio…
“In sala operatoria, presto!”
Al suono di quell’ordine perentorio due infermieri raccolsero Joe e lo adagiarono con grande attenzione sopra una barella, correndo via… la dottoressa Fourier si rivolse ad uno dei due uomini che un momento prima stavano cercando di aiutare 009: “Tu!”
“Jet…”
“Jet, va’ subito a chiamare il dottor Gilmoure… avrò bisogno del suo aiuto durante l’operazione… fa’ presto!”
“Volo…”
“Tu chi saresti?” chiese, rivolgendosi al giovane dai capelli biondi che le stava davanti… nel momento stesso in cui formulò la domanda seppe già la risposta… del resto la somiglianza era evidente…
“Sono il fratello di Françoise Arnoul, il mio nome è Jean…” fece per porgere la mano destra alla dottoressa, ma lei lanciò uno sguardo all’orologio e disse: “Le presentazioni a più tardi, non c’è tempo! Marie…” si voltò verso l’infermiera “accompagna il signore dalla paziente in sala rianimazione ed effettua la prima trasfusione come ti ho spiegato, svelta!”
La ragazza annuì prontamente “Mi segua signore…”
Jean obbedì all’infermiera… Il medico li vide allontanarsi e trasse un profondo respiro… “Coraggio, Caroline… adesso tocca a te”… si diresse alla sala operatoria…
Si fermò di fronte alla porta della stanza dove aveva salvato tante vite… e si sentì improvvisamente molto stanca…
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Jean oltrepassò la soglia della stanza di Françoise, immersa nel silenzio più totale; sua sorella giaceva sopra un lettino che la faceva sembrare ancora più piccola di quanto ricordasse… i capelli biondi sparsi sul cuscino… il giovane volto spossato dalle fatiche e dalle sofferenze degli ultimi giorni…
“In parte è anche colpa mia” pensò… sentì un nodo in gola, ma ricacciò indietro le lacrime… doveva essere forte, ora finalmente aveva molto per continuare a vivere…
I suoi occhi si spostarono da Françoise al monitor dell’elettrocardiogramma: si udivano chiaramente due suoni ben distinti, uno un po’ più veloce dell’altro…
L’infermiera notò immediatamente la direzione dello sguardo di Jean e disse, indicando una linea in movimento sullo schermo: “Questo è il battito cardiaco di sua sorella… questo qua sotto invece è quello del cuore del bambino… Non si preoccupi, è normale che sia più veloce del battito materno…”
Poi, fece cenno all’uomo di sdraiarsi sopra una poltroncina posizionata accanto a Françoise “Cerchi di rilassarsi… purtroppo non abbiamo molto tempo… devo effettuare una trasfusione diretta…”
“Faccia ciò che ritiene opportuno…”
La donna si mosse velocemente ed in pochi minuti Jean vide defluire il proprio sangue dal suo corpo a quello della sorella… chiuse gli occhi e per la prima volta in vita sua, pregò… pregò perché Françoise potesse riprendersi… pregò perché suo marito si salvasse… pregò perché Dio potesse perdonarlo…
Parte 11
“Bisturi… Divaricatore… Pinze…” i comandi della dottoressa Fourier erano chiari e ben precisi, l’equipe medica si muoveva veloce nella sala operatoria… l’intervento andava avanti ormai da più di due ore…
“Fa’ attenzione, Caroline… i suoi livelli di energia si stanno abbassando…” disse il Dottor Gilmoure.
“Sta’ calmo Isaac… so benissimo quello che faccio…” rispose la donna, ostentando una sicurezza che in quel momento non sentiva affatto…
“Forza Caroline” disse tra sé e sé “ne hai viste di peggiori… avanti… estrai quella maledetta pallottola!”
Le sue mani agivano con estrema cautela… una mossa sbagliata avrebbe condannato Joe ad una morte istantanea…
“Eccola… la vedo!”
La dottoressa Fourier cercò di afferrare il corpo estraneo con un paio di pinze, ma il primo tentativo fallì…
“Che succede?”
“E’ troppo vicina al cuore… rischio di provocargli un’emorragia interna…” poi pensò “Se muore sotto i ferri non avrò più il coraggio di guardare in faccia sua moglie…” ma si trattenne dal pronunciare queste parole…
Il Dottor Gilmoure le afferrò la mano che stringeva lo strumento medico… “Morirà comunque se non ci provi… Caroline sei la nostra unica speranza!”
Osservò l’uomo accanto a lei: i suoi occhi la stavano supplicando… voleva davvero molto bene a quei ragazzi, erano la sua famiglia, il suo mondo, rappresentavano tutto ciò per cui valeva la pena lottare…
Fu allora che ricordò perché aveva scelto di fare il medico: salvare esseri umani era il suo scopo, la sua missione… aveva sacrificato la sua vita privata per questo… “No” si disse “non è stato un sacrificio… sono stata io a scegliere questa professione, nessuno mi ha obbligata e se potessi tornare indietro non cambierei una virgola della mia esistenza… niente ti può dare una gioia paragonabile al sorriso ed alla felicità delle persone che hai aiutato a guarire…”
Annuì allo scienziato e si concentrò nuovamente… “Bene piccola stupida pallina di latta… non mi impedirai di salvare questa vita…”
Stavolta riuscì nel suo intento: un movimento rapido e la pallottola sgusciò fuori dal petto di Joe senza fare il minimo rumore.
Caroline Fourier la tenne sollevata per un lungo istante, poi gettò uno sguardo all’apparecchio che monitorava costantemente il cuore del ragazzo… nessun cambiamento anomalo… “Bene” esclamò, rivolta ai suoi collaboratori “potete ricucire…”.
Gettò via la pallottola e si diresse all’esterno della sala operatoria, seguita da un sollevato Dottor Gilmoure.
L’anziano professore la bloccò prima che potesse uscire e le disse: “Non so davvero come ringraziarti Caroline…”
“Al contrario…” rispose la donna con un cenno della mano “sono io che devo ringraziare te”.
Lui non riusciva a capire, allora lei continuò “Vedi Isaac, oggi dopo tanto tempo ho scoperto di nuovo il significato del mio lavoro: fare del bene al tuo prossimo. E’ una sensazione bellissima che ti apre il cuore… non so bene come spiegarlo…”
Il buon dottore le porse la mano, scuotendo il capo “Non ce n’è bisogno… capisco perfettamente quello che vuoi dire… sei una donna in gamba Caroline ed un ottimo medico. Grazie… grazie infinite…”.
La dottoressa Fourier contraccambiò la sua stretta calorosamente “Torna pure dagli altri adesso… saranno molto in pensiero… spiega loro com’è andato l’intervento… io devo andare a controllare Françoise”.
Detto questo si incamminò verso la stanza della ragazza… sul suo volto comparve finalmente un bellissimo sorriso…
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Stavo in piedi, immobile come una statua, ad osservare una bambina che giocava spensieratamente nel giardino di quella che doveva essere la sua casa… era tutto così strano… quella dimora… quella ragazzina allegra… sembrava una scenetta così familiare…
Improvvisamente ricordai, portandomi una mano alla bocca… quella piccola ero io! Quella casa era la mia!
“Non… non è possibile… non può essere reale…”
“Lo è invece… almeno in parte…”
Sussultai al suono della voce alle mie spalle, così dolce e serena…
Ebbi quasi timore nel voltarmi verso la direzione da cui proveniva… vidi una donna venire verso di me… una bella signora con i capelli color dell’oro…
“Mamma!”
“La mia piccola ballerina…” aprì le braccia ed io mi persi per un lungo momento in quel contatto che non avevo mai dimenticato…
Lei cominciò ad accarezzarmi i capelli, come faceva sempre quand’ero bambina, continuando a ripetere quanto mi voleva bene e quanto le ero mancata.
Non mi ero neanche resa conto di aver iniziato a piangere… stavo letteralmente singhiozzando.
Mia madre allora prese il mio viso tra le mani e mi asciugò le lacrime: “Suvvia, tesoro… adesso basta… ti verranno gli occhi gonfi…”
Sorrisi… erano le stesse parole che mi diceva quand’ero piccolina…
“Ecco… vedi? Diventi molto più bella quando ridi”.
“O mamma!” non riuscivo a parlare… avrei voluto rimanere così per sempre, al sicuro tra le braccia di mia madre, lontano da dolori e dispiaceri…
“Cara… so che stai attraversando un momento molto difficile, ma ogni cosa tornerà al suo posto e tu sarai di nuovo felice”.
Mi indicò la bambina che correva nel verde prato che si stendeva in lontananza…
“Come vorrei poter tornare a quell’età, poter rivivere la mia infanzia…” dissi.
“Oh Françoise… ma quella bambina non sei tu!”
Non riuscivo a capire… “Ma… ma somiglia a me da piccola!”
Mia madre sorrise “Tesoro, è normale… è tua figlia!”
Dovevo aver stampata in volto un’espressione davvero stupida, perché mia madre non riuscì più a trattenere le risate…
“Oh sì” disse, quando riprese il controllo di sé “è proprio la mia nipotina” posò la sua mano sulla mia pancia “ed è già qui… anche se ancora non si vede…”
Avevo perso completamente il dono della parola, dalla mia bocca uscivano sillabe incomprensibili… tutto questo non poteva essere vero… io sono un cyborg ora… non posso più avere figli…
Il dolce sorriso della mamma interpretò i miei pensieri (ma non ero io che avevo il potere di leggere nella mente?) “L’amore può tutto figlia mia, è il motore dell’intero universo e non soggiace ai voleri della scienza… Guarda a che cosa porterà il vostro amore…” mi fece voltare di nuovo verso quell’angioletto biondo…
Non riuscivo più a controllare le mie emozioni… piansi lacrime miste a dolore e gioia… dolore per il timore di perdere Joe, che sapevo lottare contro la morte… gioia per quella nuova vita che già cresceva dentro di me…
Mia madre prese le mie mani e continuò a parlare “Tesoro… tuo marito starà di nuovo bene vedrai… lo hai salvato… e non mi riferisco soltanto agli ultimi giorni… il tuo amore così forte, così infinito, lo ha reso una persona migliore e, di conseguenza, ti ha portato ad essere la meravigliosa donna che sei diventata. Sono così orgogliosa di te…”
“Mamma…” la abbracciai, piangendo “mamma… voglio… voglio restare qui con te…”
“Oh cara… no…” rispose, scuotendo la testa “non è ancora il momento… verrà il giorno in cui potremo stare insieme, ma soltanto dopo molto… moltissimo tempo…”
In quell’istante compresi che non avrei più rivisto mia madre, se non nei miei sogni…
“Però… angelo mio… Jean sarà di nuovo accanto a te… sii buona con lui Françoise… quello che può aver commesso di sbagliato, lo ha fatto solo per arrivare a te, perché ti vuole bene… è tuo fratello, lo stesso sangue scorre nelle vostre vene… promettimi che baderai a lui, cara…”
“Te lo giuro mamma… te lo giuro…”
Lei accarezzò la mia guancia un’ultima volta “E’ ora di tornare bambina mia… svegliati Françoise… Françoise…”
La sua voce si trasformò lentamente… che strano… era diventata più profonda… aprii gli occhi… la prima cosa che vidi al mio risveglio fu il volto sorridente di mio fratello… la prima cosa che sentii fu la sua voce che pronunciava il mio nome…
Parte 12
Ebbene… sei mesi sono ormai trascorsi dal giorno in cui, svegliandomi dal mio sonno, ho potuto abbracciare di nuovo mio fratello…
La vita mi ha sorriso ancora una volta; spesso penso di essere stata molto fortunata della mia conversione in cyborg… può sembrare assurdo, ma è così. Se non fosse accaduto, adesso probabilmente non sarei felice…
Joe è tornato quello di prima, mi vizia un po’ più del solito… ma credo sia normale nelle mie condizioni e poi… adoro essere coccolata da mio marito…
Jean non mi lascia sola un istante da quando ci siamo ritrovati… sta prendendo molto seriamente il ruolo di fratello maggiore, continua a ripetermi che deve recuperare il tempo perduto…
Finalmente abbiamo chiarito tutto ciò che è accaduto ed io ho capito i motivi che lo hanno spinto ad agire contro la sua volontà… non posso biasimarlo… se fossi stata al suo posto mi sarei comportata nello stesso modo…
Da quando hanno scoperto che sono incinta, i miei amici stanno letteralmente incollati a me, seguendo un preciso ordine di 007 che recitava più o meno così: “Ehi, noi siamo gli zii del pargolo! Quindi non ci perderemo neanche un secondo della sua vita pre e post parto!”
Il sole era ormai calato sulla mia città… Parigi… non è cambiata affatto… al contrario di me: sono una persona nuova ora, molto più matura della ragazzina che una volta poteva solo sognare quello che possiede adesso…
Istintivamente porto le mani sul mio pancione… La mia bambina nascerà qui, perché in fondo io sono parte di Parigi ed anche lei lo sarà…
“Sento il rumore dei tuoi pensieri…” dissi, volgendomi verso mio marito dal balcone della nostra camera.
Joe si avvicinò a me e mi abbracciò… o almeno tentò di farlo…
“Accipicchia… sono diventata una balena…”
Lui baciò la punta del mio naso poi rimase un momento con la fronte poggiata sulla mia “Stai scherzando? Amore mio… non sei mai stata così bella…”
Sorrisi… Joe continuò “Dovremmo riposare… è molto tardi sai?”
“Sì, ma adoro guardare la città di notte… e poi… anche tua figlia deve imparare a conoscerla…”
Joe alzò un sopracciglio “Ma come fai ad essere così sicura che sarà una femmina? Non hai mai voluto fare neanche un’ecografia…”
“E’ solo che… lo so ecco… lo sento…” Ne ero certa… grazie a mia madre… la mia creatura sarebbe stata una bellissima bambina…
Mio marito sorrise “Non ci resterai male se sarà il contrario?”
“Oh no! Ci mancherebbe altro! Però… ti ripeto… sarà una bambina”.
“Ok mi sta bene” disse, prendendomi per mano e conducendomi verso il letto “adesso però a nanna… tutt’e due!”
Mi lasciai avvolgere dal caldo abbraccio di Joe e, pian piano, caddi in un sonno profondo e tranquillo…
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Mi svegliai di soprassalto, con una strana sensazione di caldo-umido al basso ventre… compresi immediatamente ed iniziai a scuotere mio marito, che dormiva beatamente accanto a me…
“Tesoro… tesoro… apri gli occhi, presto…”
Niente…
“Amore… mi si sono rotte le acque…”
Un bofonchio incomprensibile “Non preoccuparti, pulirò io domani mattina…”
“Joseph Shimamura! Svegliati subito!” gridai.
Joe scattò a sedere sul letto, ancora stravolto dal sonno, con i capelli scomposti e gli occhi socchiusi…
Riuscii a stento a contenere le risate “Dobbiamo andare subito in ospedale… ahia!” una contrazione ed il dolore che seguì mi impedirono di continuare a parlare…
“Accidenti!” si alzò come un razzo, raccogliendo la valigetta già pronta per l’occasione e correndo a chiamare gli altri…
Intanto, seppur con fatica, mi alzai ed infilai una lunga vestaglia da notte sopra il pigiama; scesi al piano sottostante, dove mi accolsero le facce confuse dei miei coinquilini… incredibile, e pensare che dovrei essere io quella in preda al panico!
Ivan disse “Posso teletrasportarvi tutti…”
“No!” esclamai “sei impazzito? Vuoi farmi partorire in mezzo allo spazio tridimensionale?”
“Scusa… non ci avevo pensato…”
Joe intervenne “Ok… noi due andremo con la mia macchina… voi raggiungeteci pure come preferite…” non terminò neanche la frase che mi trovavo già seduta in auto… mio marito partì a tutta birra…
“Ehm… amore… vorrei arrivarci viva in clinica, se non ti dispiace…”
“Ma sì tranquilla, sono pur sempre un pilota di Formula Uno, ricordi?”
Così, tra sgommate e curve varie, finalmente giungemmo all’ospedale della dottoressa Fourier che, nel frattempo, era già stata avvisata del nostro arrivo dal Professor Gilmoure e ci attendeva sulla porta d’ingresso, insieme a due infermiere.
Alla vista di mio marito in preda al panico, mi strizzò un occhio in cenno d’intesa “Ma non sei tu quella che deve partorire cara?”
Cercai di sorridere, ma le contrazioni aumentavano ed il mio sorriso si trasformò presto in una smorfia di dolore…
“Oh… sembra che il nostro piccolino abbia fretta di vedere il mondo” disse “diamoci da fare allora!”
Mi portarono velocemente in sala parto, dove la dottoressa Fourier mi depose semisdraiata sopra un lettino ed ordinò a Joe di posizionarsi dietro di me per sostenermi la schiena, dopodichè tolse i pantaloni del mio pigiama e sollevò la vestaglia…
“Ehi… ma qui vedo già una bella testolina…” esclamò.
Intanto provavo dolori sempre più forti e lancinanti, non mi ero neanche resa conto di stritolare letteralmente le dita di Joe che, stoicamente, non fiatò neppure; tuttavia, la dottoressa, notando che il suo volto stava diventando viola, disse ridendo “Cara… sarà meglio che tu lasci la mano di tuo marito se vuoi rivederlo vivo più tardi…”
“Scu… scusate” allentai la presa… non resistevo davvero più…
“Coraggio Françoise… un ultimo sforzo e ci siamo…”
“Avanti tesoro… avanti…” la voce di Joe al mio orecchio mi spronava a non mollare…
Gridai con tutta la voce che avevo in corpo… una spinta… sentii qualcosa sgusciare via da me… poi… il vagito di un neonato…
La dottoressa Fourier teneva tra le braccia una piccola creatura… mi sentii mancare…
“Eccola qui… una bellissima e sanissima signorina!”
Udii la voce rotta dall’emozione di mio marito che diceva “Avevi ragione amore mio…”
Non risposi… era accaduto tutto così velocemente… ero stanchissima ma dentro provavo una grande felicità, quella felicità che ti spacca il cuore e ti fa sentire al settimo cielo… tesi le mani e la dottoressa poggiò la mia bambina sul mio petto… era semplicemente perfetta, meravigliosa… le sue manine, i suoi piedini, i suoi capelli chiari…
Non riuscii più a contenermi… piansi… piansi a lungo fino a sciogliere tutto il dolore che avevo sempre portato con me per lasciare il posto ad un’immensa gioia.
La dottoressa Fourier disse “Allora, ragazzi… avete scelto il nome da darle?”
Mi resi conto di non averci mai neanche pensato un attimo in tutti questi lunghi nove mesi, ma… un barlume si accese nella mia mente e prima che Joe potesse parlare, esclamai “Sì… la chiameremo Caroline… vero tesoro?”
Mio marito annuì sorridendo… la donna di fronte a me era visibilmente commossa… “Oh santo cielo… non so che dire… se non… grazie… ne sono molto onorata… grazie davvero…”
Joe prese in braccio sua figlia, cullandola dolcemente, come solo l’amore di un padre può dimostrare…
Rimasi a guardarli non so per quanto tempo… le mie due ragioni di vita…
Ecco… questa è la mia storia finora… questo è ciò che il fato ha riservato per me… un destino che non ringrazierò mai abbastanza… ciò che il futuro ha in serbo per le nostre esistenze non mi è concesso sapere adesso… da parte mia cercherò di vivere il presente, giorno per giorno, vicino alla mia famiglia e alle persone a me care… in fondo non sono così diversa da tutte le donne di questa terra… come loro ho sofferto, ho lottato, ho amato e come loro continuerò forse a soffrire, probabilmente a lottare, sicuramente ad amare… perché sono io… Françoise… sono 003… sono un cyborg… sono un essere umano…
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